Dal Cinquecento al Settecento. L’opera incompiuta di Antonio Martone sulla storia di Pignataro

Angelo Martino

Redazione Calvi, 01 luglio 2020

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Nel primo volume sul Cinquecento pignatarese, il prof. Antonio Martone esplicitava il piano della sua opera storica su Pignataro che doveva ripercorrere gli anni dal Cinquecento al Settecento. Nella premessa al Cinquecento l’autore scriveva che “il nostro progetto, piuttosto ambizioso, è quello di scrivere una storia di Pignataro dal Cinquecento al Settecento”, in quanto la storia dell’Ottocento pignatarese era stata ben trattata da Giuseppe Civile, e riguardo ai secoli precedenti al Cinquecento non esisteva documentazione sufficiente. Il tutto si inseriva in un lungo lavoro di ricerca, iniziato dagli anni giovanili e che, grazie anche ad ulteriore documentazione, avrebbe assunto una forma organica di microstoria locale agganciata alla macrostoria degli anni trattati.

Nel leggere già il primo volume sul Cinquecento pignatarese, la consistente documentazione e i tantissimi riferimenti ad altre opere, primariamente i suoi scritti pubblicati negli anni precedenti, ci comunicano che il tutto si relaziona ad un lavoro di tantissimi anni di ricerca, che ha richiesto tanto impegno e altrettanta volontà di consegnare alla memoria storica la vita civile e religiosa della propria comunità. Pertanto, con il Cinquecento, pubblicato nel marzo 2009, aveva inizio il progetto, la cui bontà poteva ravvisarsi già nell’introduzione, in cui l’autore forniva un quadro storico del Regno di Napoli nella prima metà del Cinquecento al fine di inquadrare la realtà storica dei Comuni del Regno nel XVI secolo.

Tramite dieci capitoli di agevole lettura la prima parte del volume ricostruisce il tessuto sociale di Pignataro sulla scorta di poche fonti: il catasto del 1539/41, i primi libri parrocchiali resi obbligatori dalla Riforma Tridentina, alcuni atti episcopali. Anche se il Cinquecento è trattato in un unico volume, vi è una prima parte che ci fornisce informazioni riguardo ai nomi, cognomi degli abitanti, ai mestieri, alla durata media di vita, ai nuclei familiari che allora erano denominati “fuochi”, come anche ai beni posseduti quali case, terre, animali. L’autore rivolge altresì uno “sguardo” storico alle spese per medici e medicine, alla situazione debitoria degli abitanti di Pignataro nei confronti degli Ebrei capuani.

In quella che potremmo definire seconda parte del testo sono i Registri Parrocchiali, le “Sante Visite” a fornire la documentazione per tracciarne un esame d’insieme. Partendo dai sei Vescovi di Calvi, la cui cattedrale, con attiguo palazzo vescovile, distava solo pochi chilometri da Pignataro. L’autore ci guida, inoltre, alla conoscenza della Chiesa di S. Maria della Misericordia, scrivendo che “col trascorrere dei secoli le esigenze di nuovo spazio per le sepolture , ma anche per maggiore comodità dei fedeli e dei sacerdoti, essendo cresciuta la popolazione del villaggio (circa 600 abitanti), si pensò di costruire una nuova Chiesa”.

La Chiesa parrocchiale di S.Giorgio Martire, ubicata, secondo la mentalità medievale, ai piedi di un colle, si mostrava dunque insufficiente per le esigente del Casale di Pignataro e l’autore ricostruisce, con documentazione accurata, i lasciti che permisero la costruzione della nuova Chiesa e di una Cappella della Pietà. Lo studio dei registri parrocchiali consentono all’autore di individuare ben 20 Casati, costituiti da vari nuclei familiari, che sono analizzati, descritti nei dettagli, facendo anche riferimento ai matrimoni, alle nascite, al loro andamento influenzato da terremoti e carestie, alla mortalità infantile.

Particolarmente interessante si mostra l’analisi storica completa delle Chiese di Pignataro, a cui l’autore dedica il capitolo sesto del volume, soffermandosi anche sulle “Sante Visite” per concludere con una disamina dei beni stabili delle Chiese di S.Giorgio, di S.Maria della Misericordia e di S.Maria di Grazzano.

La storia di Pignataro in età moderna prosegue con il “Il Seicento - prima parte”, pubblicato nel maggio 2013 e in tale testo l’autore si mostra di nuovo attento a che la storia particolare di Pignataro non risulti avulsa dal contesto generale. Scrive, infatti, testualmente nell’introduzione al Primo Seicento: “Nel tracciare il quadro che farà da sfondo alla nostra storia particolare, daremo spazio più ampio ad alcune vicende, come per esempio quella di Suor Giulia De Marco, perché nel processo intentatole ebbe parte anche il nostro Vescovo di Calvi. Come pure maggiore spazio sarà riservato alla vicenda di Masaniello perché da essa scaturirono conseguenze come il saccheggio di Calvi ad opera del Duca di Maddaloni per un intreccio di fatti che riguardano il fratello del Duca e l’Arcivescovo di Napoli, Ascanio Filomarino, fratello del Vescovo di Calvi”.

Dopo aver fornito un generale quadro storico dettagliato, l’autore dedica l’intero capitolo terzo ai vescovi di Calvi e agli Arcipreti di Pignataro della prima metà del Seicento. In relazione agli Arcivescovi di Napoli e di Capua, Antonio Martone si sofferma sul fenomeno diffuso del concubinato ecclesiastico. Non mancano episodi che arricchiscono la ricerca storica con uno sguardo malizioso su vari episodi della vita comunitaria del primo Seicento che suscitano tanta curiosità e sono trattati in maniera che la lettura risulti agevole e piacevole. A tal riguardo citiamo il capitolo cinque che ci offre notizie sorprendenti riguardo alla consuetudine di maritare una zitella povera di Pignataro. Quindi, sono presenti nel ricco testo personaggi e avvenimenti che destano un interesse storico misto a tanta curiosità sui costumi dei protagonisti.

Non si può non leggere e rileggere con la dovuta attenzione la vicenda del famoso processo che l’Inquisizione romana istruì contro suor Giulia De Marco, nel quale svolge un ruolo rilevante il Vescovo di Calvi, Mons. Maranta. La vicenda de “Il concubinato di Don Fabio Vecchio”, che occupa tutto l’intero capitolo sesto, è la storia di un processo del 1623 in cui si intrecciano concubinato, procurato aborto, incarceramento ed esilio, il tutto raccontato con linguaggio semplice, ma diretto e pieno di riferimenti bibliografici per una trattazione completa sulla triste realtà del concubinato ecclesiastico che era stato lungamente tollerato dalla Chiesa, la quale si prodigò per una svolta in direzione “di un progressivo rigore nei confronti di una prassi diffusa tra i laici e pure il clero“ solo nel 1613. Inoltre tutta la vicenda dell’uccisione di Don Giuseppe Carafa, fratello del Duca di Maddaloni ci comunica la triste realtà di una vendetta di carattere “trasversale” che portò i soldati del Duca a danneggiare il Palazzo Vescovile e la Cattedrale di Calvi; essa viene analizzata con rigore di studioso e inquadrata nel periodo storico della ”rivoluzione” di Masaniello.

E’ da segnalare, infine, una trattazione puntuale della vita religiosa nei suoi vari aspetti, come anche una disamina dettagliata dei Casati e dei “Fuochi” ossia nuclei familiari, con i vari momenti della vita quotidiana, in particolare modo rapportati alle nascite, ai battesimi, ai matrimoni e a qualche caso di “incerta paternità”.

Ancora più ricco dei precedenti si presenta il volume sulla seconda parte del Seicento, in cui “il quadro della vita quotidiana si fa più decisamente più vivace". Dopo un’analisi del quadro storico del Regno, una prima serie di ricerche archivistiche e di analisi storica concerne la trattazione dell’istituzione dei Seminari, tra cui quello di Calvi, la residenza del vescovo a Pignataro e l’istituzione dell’ “Hospitale” per uso e comodità dei poveri, nonché per i viandanti e i pellegrini. Ciò costituisce una premessa per una disanima della condizione dei poveri nella Diocesi di Calvi nell’anno 1689.

Un consistente capitolo è dedicato alla vita amministrativa del casale di Pignataro in tale seconda parte del Seicento, prima dello studio pur esso dettagliato delle conseguenze che ebbe la terribile peste del 1656 nel Regno di Napoli in relazione non solo alla realtà comunitaria di Pignataro, ma dell’intera Diocesi di Calvi. Il Casale di Pignataro fu in tale anno duramente provato dalla peste, la quale si mostrò molto devastante per Pignataro, a tal punto che nel 1658, la popolazione avrebbe contato dai 544 ai 680 abitanti rispetto ai 1060, che contava fino a qualche anno prima della peste. Interessanti si rivelano, altresì, per il casale di Pignataro le informazioni fornite sulla scuola pubblica e sulla predicazione di vari sacerdoti in tale periodo storico.

Inoltre lo “status animarum” consente di conoscere l'entità della popolazione di Pignataro nel 1687 e una dettagliata analisi dei 65 “Casati” presenti in tale anno. La parte finale del testo sulla seconda parte del Seicento è dedicata agli "Acta Criminalia" con vari fascicoli dei processi, che consentono anche di conoscere aspetti della vita civile, sociale e religiosa della comunità. Si mostra evidente come la ricostruzione della storia di Pignataro in Età Moderna sia stata condotta grazie ad una costanza di scavare negli Archivi con risultati di rilievo.

Antonio Martone non ha potuto completare il suo lavoro di ricerca storica, che come aveva evidenziato nella premessa al primo volume concernente il Cinquecento, avrebbe dovuto concludersi con il Settecento pignatarese, che si sarebbe rivelato ancor più interessante, dato che in tale secolo il quadro storico si pregia di attente e rigorose ricerche concernenti sia la vita sociale che religiosa della comunità, che sono state pubblicate soprattutto nei vari numeri del giornale locale “Il Pino” che della rivista “Le Muse”.

 

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