Le qualità del vino
di Cales
Comune di Pignataro, 19 luglio 2017
Angelo Martino
Le
testimonianze di vari scrittori classici ci confermano come i vini che si
producevano a Cales fossero apprezzati in epoca romana. Ci sono pervenute, infatti,
diverse fonti letterarie che elogiano il vino caleno, prodotto in gran quantità
soprattutto a partire dall’età tardo-repubblicana, per affermarsi in maniera
commercialmente più marcata nel primo secolo dell’Impero romano.
Il
grande poeta Orazio ne fa riferimento nel libro I, Ode 20 e 31 dei Carmina e nel Libro IV - Ode 12 della stessa raccolta di
poesie.
Nell’Ode
“Mecenate a cena da Orazio” il poeta assicura il suo ospite che berrà “uva
spremuta con torchio caleno”.
Berrai un vino sabino di poco
valore
in semplici boccali, quel vino che in un’anfora greca
ho io stesso sigillato e imbottigliato,
quando ti fu dato in teatro un applauso,
caro cavaliere Mecenate, tale che le rive
del fiume dei tuoi avi e la festosa
eco del colle Vaticano
ti rendevano le lodi.
Berrai Cecubo e uva spremuta con torchio caleno;
né le mie tazze
sono mitigate da viti di Falerno
né dai colli di Formia.
Nell’Ode 31 dello stesso Libro
I, Orazio scrive:
Lascia che con la falce poti le
viti di Cales
chi le ebbe dalla fortuna…
Premant Calena falce quibus
dedit
Fortuna vitem […]
Nell’Ode 12 del libro IV,
dedicata a Virgilio, il grande Orazio scrive ancora:
La stagione, Virgilio, accende
la sete;
ma se vuoi vino dei torchi di Cales,
tu, amico di giovani famosi,
dovrai guadagnartelo col tuo nardo:
basta un suo vasetto per attirare l’anfora,
che ora giace nei magazzini di Sulpicio
e che donerà nuove speranze,
dissipando l’amarezza dei nostri affanni.
Strabone,
storico e geografo greco, magnificando i prodotti della Campania Felix, ebbe a
scrivere nel “De situ orbis”, Vinum
optimum hinc habent romani:
Falernum, Statanum, Calenum […]
I
vini di Cales furono magnificati anche da Plinio, il quale, nel Libro XIV,
capitolo 6 di Historia Naturalis,
li poneva nella terza categoria tra tutti quelli che si producevano in Italia:
Ad tertiam palmam venere Albana… Massica… juncta his praeponi
solebant Calenum et quae in vineis
arbustisque nascuntur Fundana.
In
piena epoca imperiale furono Giovenale e in seguito Ateneo a scrivere della
bontà del vino di Cales. In particolare Giovenale, nella prima satira,
dichiarando di essere stato indotto a scrivere tale opera per sdegno contro il
malcostume e la corruzione dilaganti a Roma, fece riferimento al vino caleno al
verso 55 con tali parole: “Occurrit matrona potens, quale molle Calenum/Porrectura viro, miscet sitientem rubetam […] ( Corre
incontro una dama impettita che al marito assetato propina nettare di Cales
mescolato con veleno di ranocchio…)
Invece
Ateneo, nel testo “I sapienti a banchetto” paragonava il Calenum
al Falernum, affermando che “Calenum
leve magis Falernum stomacho placet”.
Bibliografia:
Giuseppe Carcaiso - Storia
dell’Antica Cales - 1980
Angela Carcaiso, Oletum et vinum, in “Una villa romana
tra gli olivi - La proprietà agraria di L. Billienus
S. Rocco Francolise – Sparanise
- 2012
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