Calvi Risorta: dalla rabbia ai silenzi di un
disastro annunciato
CronacaVen, 26 giugno 2015
Emanuele
Repola
Le
ultime indagini mostrano un Agro Caleno devastato dalle speculazioni
territoriali. Denunce e dichiarazioni dei pentiti non sono bastate ad accendere
in tempo i riflettori. Rivezzi (Medici per
l’Ambiente) “Il mondo sanitario è molto latitante, noi ci stiamo sostituendo
alle istituzioni per dare risposte alle popolazioni calene”
Calvi
Risorta - In attesa che l’Arpac, l’Agenzia
Regionale per la Protezione Ambientale in Campania, fornisca i dati ufficiali
sulla tossicità dei rifiuti trovati nell’area Calena attigua alla ex Pozzi Ginori,
è stato sancito l’accordo tra i ministeri dell’Ambiente, dell’Agricoltura e
della Salute affinché i 25 ettari interessati da trent’anni di sversamenti
illeciti vengano inseriti nell’area del decreto Terra dei Fuochi. Lo
scorso 22 Giugno infatti, il Comune di Calvi Risorta è stato inserito
nell’elenco dei siti a rischio, insieme al Comune di Ercolano, dove di recente
sono stati scoperti oltre un centinaio di fusti tossici interrati.
In
concomitanza con l’inserimento dell’Agro Caleno nell’elenco degli 88 Comuni
della Terra dei Fuochi, inoltre, è stato lanciato il progetto Qr Code che permetterà, attraverso il proprio smartphone, la conoscenza degli esami effettuati sui
prodotti alimentari. Promotore dell’iniziativa è stata la Regione Campania
che, attraverso l’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno, i Dipartimenti di
Agraria e Medicina Veterinaria della Federico II di Napoli e la società in house della Regione, Sviluppo Campania spa (la quale si
occupa di sviluppo della competitività del territorio campano, e che ha speso
oltre 680 mila € di Fondi Pac per promuovere
l’immagine e il rilancio della Terra dei Fuochi attraverso le produzioni di
Gigi D’Alessio e della Music Life, come denunciato da Fanpage.it oltre ai 3 milioni di euro affidati
alla società Calcio Napoli, nda),
offrirà alle aziende ulteriori consulenze esterne legali, tecniche
d’analisi, per la comunicazione e la personalizzazione del proprio Qr Code.
Un
progetto trasformato rispetto al precedente voluto da Stefano Caldoro quando, ancora alla guida della Regione, destinò
all’iniziativa 18 milioni di € a fondo perduto, da distribuire agli agricoltori
con voucher da 2.500 euro per le spese di certificazione sanitaria da
effettuare, previa presentazione di regolarità contributiva. Proprio quelle
documentazioni di regolarità sono mancate e hanno spinto i tecnici a promuovere
una via alternativa, benedetta dallo stesso De Luca. Saranno stanziati infatti
oltre 55 milioni di euro per promuovere i controlli sanitari condotti in tutto
il territorio regionale, attraverso analisi capillari del latte materno e dei
capelli per misurare i livelli di tossicità. Dunque un cambio di rotta rispetto
agli investimenti del passato, questa volta orientati alla ricerca scientifico
sanitaria.
Sebbene
gli intenti della Regione di estendere i controlli oltre le aree interessate
dal decreto siano dovuti, vista la continua scoperta di nuove aree interessate
dallo sversamento illecito di rifiuti tossici e petrolchimici, appare ancora
lontana la strada che conduce alla riduzione degli sprechi di denaro, causati
da istituti tecnico scientifici che hanno vivacchiato negli ultimi anni di
Governo Caldoro. La sola Arpac
gestisce fondi per 120 milioni di euro per emettere pareri tecnico scientifici,
senza alcun valore sanitario. A ciò si aggiungono i ritardi maturati sul
controllo dei terreni rispetto alle prerogative, circa 3.000 ettari.
Ritardi
che hanno portato allo stupore per quanto ritrovato proprio nei territori
dell’antica Cales. Un territorio antico quanto la Roma repubblicana, definito
dallo stesso Cicerone come “magna civitas”, di
cui è conservato un intero sito archeologico, depravato dai casalesi che ne
hanno rubato opere per rivenderle al mercato nero
internazionale, come denunciato da Amalia De Simone, distante appena
500 metri dalla ex Pozzi. Un patrimonio culturale mondiale, in un’area
devastata, in cui erano presenti gli interessi di Cosa Nostra che, legata ai Nuvoletta,
trovava i suoi referenti nel caleno con le famiglie dei Ligato e dei Lubrano.
Nonostante
la meraviglia per la lo scempio e il depauperamento delle risorse naturali di
un’ area ampia più di un palazzo di due piani, sommerso dal terreno, estesa
quanto 30 campi di calcio, occorre ricordare quanto la denuncia arrivi da
lontano e dal basso. Dai cittadini, giovani e meno giovani, residenti in un
triangolo già interessato da una centrale termoelettrica di 800 MW, a
Sparanise, dalla centrale a biomasse di Pignataro, mai entrata in funzione a
seguito della sentenza del Tar, dalla Esogest
Ambiente di Pastorano, operante nel settore del servizio di raccolta e
riciclaggio di rifiuti tossici, chimici e non riconosciuti altrove. In aggiunta
a ciò, la volontà della Impresud, di realizzare una
nuova centrale a biomasse.
Erano
appena finiti gli anni zero. I comitati caleni, da sempre in prima linea nella
difesa delle comunità con azioni di attivismo, volontariato e presidio
territoriale, iniziavano quel percorso comune di denuncia che poterà poi,
nell’Ottobre del 2013, alla nascita del Comitato per l’Agro Caleno. Un
movimento spontaneo di rabbia e rivendicazione, voluto dalle popolazioni del
territorio, abbandonate dalla classe politica e lontani dalle attenzioni dello
Stato.
“L’area
dell’ex Pozzi Ginori è una zona industriale dismessa, diventata negli anni una
discarica a cielo aperto di ogni tipo di rifiuto, dall’eternit
all’indifferenziato”, era il 2013. Da allora tante manifestazioni e cortei
lungo la provincia e in tutta la Regione si susseguivano per dire basta al
biocidio, per arginare l’abitudine mentale ad essere figli della monnezza. Ed
intanto, lontani dalle telecamere nazionali, nel Febbraio del 2014, la Guardia
di Finanza di Capua, sequestrò un fondo agricolo, sempre in località Calvi
Risorta, di 10 ettari sul quale era in corso un'ingente attività di sbancamento
e contestuale sversamento di asfalto fresato. I finanzieri, come accade spesso,
insospettiti dal via vai di automezzi nell’area, fecero accesso al fondo
arrestando, in flagranza di reato, cinque persone, tra cui il proprietario del
fondo, che scaricavano direttamente i residui sul terreno agricolo.
Quel
giorno accadde inoltre che le Fiamme Gialle scoprirono come la camorra casalese
mascherava l’illecito, caricando i camion con terra vergine e materiale di
risulta, cosicché quando avveniva lo sversamento, i rifiuti potevano esser
coperti da terra pulita. Esattamente il modello a strati scoperto dalla
Forestale il 16 Giugno scorso, in seguito agli scavi condotti nell’ex Pozzi.
Qui
emergono bidoni pieni di fanghi industriali e liquidi percolati. La terra ha
colori innaturali a causa delle polveri createsi con lo sbriciolamento del
materiale di risulta industriale. L’aria è fetida per il putridume del Rio
Lanzi, vietato alla popolazione che lo utilizzava per l’irrigazione dei campi,dichiarato pericoloso per uso umano ed irriguo da una
relazione dell' ARPAC del 2 aprile 2014. Tutto ciò fu documentato il 28
Aprile 2014, in un reportage del giornalista Salvatore
Minieri che, in compagnia del sindaco di
Pignataro Maggiore, Raimodo Cuccaro, scavando ad
appena 20 centimetri di profondità sui terreni attigui all’area della ex Pozzi,
trovarono plastiche industriali, polveri e materiali di risulta, nonché amianto
e materiale da imballaggio. Il tutto a due passi dai piloni della Tav, segno di un’ancora più stretta connivenza con pezzi
dello stato che non hanno denunciato quanto già rinvenuto sui cantieri. Una
denuncia che getta radici ancora più indietro.
Nel
1998 infatti, il Comune di Calvi Risorta, fece eseguire indagini sulle
particelle confinanti ad est dell’area, commissionata con Delibera di Giunta
del 25 marzo 1998 protollata al numero 126. Da quelle
indagini emerse un’estesa area di discarica di rifiuti industriali di
considerevole pericolosità per l'ambiente e per la salute. Tale discarica
raggiungeva, secondo le ipotesi di allora, una profondità fino di oltre 10
metri dal piano di campagna. Un messaggio caduto nel vuoto, come le prime
dichiarazioni di Carmine Schiavone, nel 1997, quando rivelò il sistema di
smaltimento e avvelenamento dei terreni tra Caserta e Napoli. Il boss pentito
dei casalesi, deceduto pochi mesi fa, raccontò di una area vasta dalle pendici
del Matese sino al Volturno, dal Litorale Domizio alla periferia ad est di
Napoli. Quelle dichiarazioni vennero segretate e poi declassificate nel 2013,
dando modo alle Procure di poter intervenire.
A
Maggio 2014 anche l’ASL CE/2 (Dipartimento di Prevenzione UOPC ambito 4 di
Capua, distretto sanitario 22), riscontrò criticità della qualità dell’aria
proprio nella zona interessata dal progetto della Iavazzi
Ambiente, ovvero l’area attigua alla ex Pozzi. Con una nota del 19 Maggio 2014,
infatti, comunicò ai comuni di Sparanise, Calvi Risorta e Pignataro Maggiore,
il parere negativo per l’installazione e l’esercizio di una centrale a biomasse
poiché, in base ai dati periodici dell’Arpac sulla
qualità dell’aria, si riscontravano elevate emissioni di polveri sottili e
ozono. Il richiamo dell’Asl si riferiva ad uno studio del 2008, condotto dalla
Seconda Università degli Studi di Napoli, nel quale si evidenziava il
superamento del limite di emissioni di particolato. Nello stesso anno, la
provincia fu interessata da un ulteriore studio condotto dal Navy and Marine Corps of Public Health della Virginia, il quale documento la presenza di
polveri sottili e bioprodotti derivati da solventi
industriali.
Ad
Ottobre dello stesso anno, il Corpo della Forestale e quello dei Vigili del
Fuoco, iniziarono lo screening sui 20 ettari indicati dal reportage sul quale iniziò
ad indagare la Procura di Santa Maria Capua Vetere che, per Settembre e Ottobre
del 2014, e Febbraio del 2015, ordinò di perquisire l’area, al fine di
analizzare la radioattività e le scorie chimiche, dannose per la salute umana.
Quelle perquisizioni sono state però eseguite dalla Forestale soltanto a
partire dall’11 Giugno di quest’anno.
Già
nei primi giorni, le analisi primarie dei terreni avevano portato alla luce rifiuti
industriali e qualche fusto contenente solventi, mentre proseguendo con le attività
di carotaggio dei terreni sono emersi imballaggi in carta e cartone, plastiche,
pannelli e scarti di rivestimenti in formica, film, metalli, bottiglie di vetro,
scarti della lavorazione della ceramica, vernici e smalti, tubazioni in PVC e residui
del trattamento superficiale della plastica, polimeri ed altri materiali. Un
intero cimitero di rifiuti nascosti sotto al tappeto, a due passi dalle
coltivazioni. Nei giorni a seguire inoltre, scendendo oltre i 10 metri di
profondità, dal terreno sono emersi altri rifiuti, tra i quali dei sacchi
riportanti le i marchi "politilene/riblene", "pliolite-
GoodYearchemicaldivision", "Basf",
"Eltex", “Pozzi vernici”.
Una
montagna di rifiuti che rappresenta la base culturale del Meridione, tagliato
fuori dai processi di sviluppo nazionale, in piena desertificazione
industriale. Chiuso fuori dai giochi di competitività, crescita, salute,
istruzione e reddito. Un Meridione ancora oggi confinato in un caporalato
culturale indotto dall’alto e coadiuvato da un sistema di informazione povero
di contenuti e ricco di eventi inutili, di sperperi di denaro pubblico, e studi
e ricerche utili alle sole fondazioni interessate. Il tutto purché non si pensi
che sia ancora doveroso battersi per l’ambiente in cui si vive. Dove una popolazione
non arrivi a poter pensare di condizionare le volontà imposte dalla macchina
politica che distribuisce spazi da industrializzare a danno delle comunità.
Dove la lotta alla verità, alla dignità e alla giustizia è solo retorica di una
vecchia sinistra ambientalista e nichilista.
Un
lavoro antisistema, che con l’azione dei comitati e dei tanti cittadini,
rappresenta ancora uno scudo di autodifesa e autolegittimazione, è
rappresentato dal lavoro svolto sul territorio, dai Medici per l’Ambiente. Il
dottor Gaetano Rivezzi, pediatra presso l’ospedale di
Caserta e presidente dell’associazione dei medici, racconta dell’esperienza di
resistenza volta a fornire una prima risultanza dell’incidenza tra i disastri
ambientali dovuti all’inquinamento e l’aumento delle neoplasie. Legame che
ancora oggi lo Stato non riconosce, dando un ulteriore schiaffo alla dignità
dei campani, dopo le sparate dei vari ministri della Salute, da Balduzzi alla
Lorenzin, che più volte hanno sentenziato dallo scranno contro le cattive
abitudini di casertani e napoletani.
«Nelle
nostre terre fare prevenzione è davvero difficile, e noi abbiamo più volte
criticato l’Arpac in quanto non si occupa di
relazionare in materia sanitaria, ma esclusivamente in chiave
tecnico-scientifica. È mancata la cultura dell’ambiente, come dimostrato
dalla recente scoperta della più grande discarica d’Europa – ha denunciato
il dottor Rivezzi– I comitati dell’area calena, i
ragazzi, le associazioni, hanno chiesto a noi Medici per l’Ambiente, dei valori
sanitari che le istituzioni, qui, non hanno mai dato. Il mondo sanitario è
molto latitante, noi ci stiamo letteralmente sostituendo alle istituzioni per
dare delle risposte e adesso abbiamo ricercato tutti i casi di patologia
oncologica che sono presenti in questo territorio e in questi Comuni».
«L’impatto
ambientale, da un nostro punto di vista scientifico, sta comportando un aumento
delle mutazioni genetiche, che compromettono, in maniera negativa, le future
generazioni portatrici di nuove patologie, verso il diabete, l’obesità, le
malattie croniche, la sterilità e l’abbassamento dell’età di insorgenza di
alcuni tipi di tumore». Scenari di morte, realizzati da esperti
dell’illecito, abusivi su questa terra. La colonizzazione calena del clan dei
Casalesi e dell’imprenditoria locale,servile nei
confronti di Francesco Schiavone, Antonio Bardellino, Michele Zagaria,
Antonio Iovine, hanno reso l’Agro Caleno “la Svizzera
dei clan”. Una situazione drammatica, continua Rivezzi
«A Calvi Risorta, ad esempio, si riscontra un tumore cerebrale ogni anno,
per una popolazione di 5.000 abitanti. Sui 20.000 abitanti dei tre Comuni,
abbiamo contato circa una ventina di casi in otto anni. Dalle schede di
dimissione ospedaliera si può essere più celeri nel condurre un monitoraggio geolocalizzato delle patologi, ed è questo che stiamo
studiando e che presenteremo il prossimo Luglio».
Vi
è dunque la necessità di dover piazzare delle toppe alle falle della macchina
governativa che, sceglie di puntare su processi di industrializzazione privi di
progettualità di sviluppo e crescita dei territori e delle popolazioni. Gli
strumenti spesso forniti dal settore pubblico sono il più delle volte strumenti
inutili, che disperdono risorse, come il Registro dei Tumori.
«Il
Registro dei Tumori non ha mai emesso dati a livello periferico purtroppo, e
intanto le persone continuano a morire di tumore. Esistono cluster di
patologie, anche infantili, confermate dallo stesso Istituto Superiore di
Sanità, soprattutto per la provincia di Caserta – ha ricordato Rivezzi – È importante ridurre l’impatto ambientale. Lo
stato deve aiutarci e le amministrazioni devono cambiare rotta, puntando alla
virtuosità. L’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale della Campania deve
invece utilizzare i tanti fondi a disposizione che spesso vengono sperperati.
Le Asl devono altresì attivarsi per una prevenzione primaria».
La
questione intanto fa il giro del mondo e, questa mattina, il giornale online paesenews.it
rilancia un articolo di Vice News a cura di Chris Livesay dal titolo “Europe’s
biggest illegal dump uncovered in mafia heartland”. Nel reportage, il giornalista ricorda
proprio il servizio di Minieri sull’area ex Pozzi,
ricordando al mondo lo scempio trovatosi a due passi dai comuni di Calvi,
Sparanise e Pignataro Maggiore. Livesay, che ha definito
quei 25 ettari come la Chernobyl italiana, ha ricordato inoltre che lo stesso Ministero
dell’Ambiente, naviga ancora in un mare di incognite sull’entità della
tossicità e radioattività dei rifiuti emersi.
Per
far fronte all’emergenza, è stata indetta per il prossimo 30 Giugno, su volere
della europarlamentare on. Pina Picierno (Pd), una
tavola rotonda allo stesso ministero al quale prenderanno parte il presidente
della Regione Campania, Vincenzo De Luca, il responsabile nazionale
all’ambiente del Pd, Chiara Braga, il presidente della commissione d’inchiesta
sull’emergenza rifiuti, Alessandro Bratti, Il viceprefetto per la Terra dei
Fuochi, Donato Cafagna, il Generale del Corpo Forestale, Sergio
Costa e il commissario dell’Arpa Campania, Pietro Vasturo.
Un incontro che pone di fronte soggetti importanti sia per i lavori d’analisi
dei terreni che per i progetti di riqualificazione, bonifica e sviluppo dei
territori. Un’occasione per ripartire, alla quale non sono stati invitati gli
amministratori locali.
Domani, Sabato 27 Giugno
alle ore 17, sarà invece una nuova occasione per denunciare il disastro
ambientale e la speculazione territoriale in atto. Il Comitato dell’Agro Caleno
ha infatti invitato tutta la popolazione a prender parte alla protesta corteo
che, partendo dal Comune di Calvi Risorta, si svilupperà lungo l’Agro Caleno.
Visita www.CalviRisorta.com