I Signori longobardi e normanni di Calvi
Comune di Pignataro, 12
giugno 2015
Angelo Martino
Pur
presentando alcuni spazi vuoti e lati discutibili, date le omonimie,
caratteristiche dell’onomastica longobarda, è possibile ricostruire una
genealogia dei conti di Calvi, soprattutto a partire dal momento in cui Calvi
divenne Contea.
Nell’alta Campania
longobarda esistevano nel 849 solo tre Gastaldati:
Capua, Teano, ma in breve tempo, già nel 860, si arrivò ad una quindicina,
allorché la contea capuana si rese indipendente dal
Principato di Salerno. Tali Gastaldati, secondo la
ricostruzione dello studioso Nicola Cilento, erano quelli di Sora, Atina, Pontecorvo, Isernia, Venafro, Suessula
(Cancello), Sessa, Teano, Carinola, Alife, Telese, Caiazzo, Furculae e Calvi. In
relazione a Calvi longobarda, il 12 marzo 879, alla morte del vescovo - conte Landolfo II, i suoi nipoti, circa una dozzina, si divisero
i Gastadati della Contea e Calinium
fu attribuito a Landone III, mentre il fratello Atenolfo si prodigava per la costruzione di un castello a
Calvi. Furono, pertanto, Atenolfo e Landone III detto il Pigro, i primi Gastaldi di Calvi,
prima che essa diventasse Contea. Quando Calvi diventerà Contea, il primo conte
di Calvi sarà Aldemario, coadiuvato dal fratello Audoaldo.
Possiamo rilevare, secondo
le informazioni fornite a tal riguardo da Erchemperto,
che tali signori di Calvi vivevano intorno al 966 ed erano consanguinei del
principe di Capua Landolfo. Ad Aldemario,
conte di Calvi fino al 973, succederà Landolfo e
successivamente i figli di Landolfo, Landone e Landonolfo. Tali notizie ci vengono fornite da un pergamena
del 1024 stilata a Capua. Tale pergamena ci comunica informazioni storiche
riguardo a quella che lo studioso Giuseppe Carcaiso
definisce “la prima famiglia di conti caleni”, che
inizia con Aldemario e termina con i fratelli Landone e Landonolfo.
Le pergamene di questo
periodo riguardano successioni di terreni e diritti comunque collegati ai
terreni. Specificamente la pergamena del 1024 tratta della concessione di
alcuni diritti di pesca sul lago di Patria al monastero di Montecassino da
parte del principe capuano Pandolfo
VI, e in tale contesto compaiono i nomi che abbiamo
citato, ma anche quelli che succederanno negli anni successivi e comunque
facenti parte della prima famiglia di conti longobardi di Calvi.
Ai fratelli Landone e Landonolfo succederanno
Atenolfo, Pandolfo, Guido, Adenolfo e Landenolfo fino
all’anno 1023. La data d’inizio della seconda famiglia dei conti longobardi di
Calvi è il 1031, secondo il Carcaiso. In tale data
ritroviamo quale conte di Calvi Landolfo, un altro
nome ricorrente, ma possiamo aggiungere che aveva per moglie Madelme. Segue nel 1035 un altro conte di nome Landone, il cui nome è segnalato nei Registri dell’Archivio
di Montecassino, e nel 1049 Indulfo. L’ultimo di tale
seconda famiglia di conti è Pandolfo, che fu conte di
Calvi e di Venafro, sposò Maria, nobildonna appartenente ad uno dei due casati
longobardi di Venafro, e cedette una cospicua parte dei suoi beni all’abbazia
di Montecassino, come riporta il Registrum di Pietro
Diacono.
In effetti donare tale
rilevante parte di beni all’Abbazia nelle località di Venafro, di Teano, di Caiazzo, di Limatola, di Caserta, di Capua e solo in parte
della stessa Calvi aveva una ragione. E’ la data della pergamena, il marzo del
1064, che fa comprendere che si era in prossimità della fine del dominio dei
longobardi, che stavano per cedere il potere ai Normanni.
Già nel 1058 Landolfo VI,
ultimo principe longobardo di Capua, era stato duramente sconfitto e deposto
dai Normanni di Riccardo di Aversa.
In tali anni gli altri
conti longobardi erano uccisi o esiliati dai Normanni, i quali confiscavano i
loro beni. Qualche conte longobardo cercò una forma di compromissione
imparentandosi con i Normanni, ma erano casi rari e Paldolfo,
chiamato anche Paldone, conte di Calvi e Venafro
tentò un’altra via: quella di salvare i suoi beni affidandoli all’Abbazia di
Montecassino. In effetti egli donava dei beni che non possedeva più in quanto
di essi si erano impossessati già i conquistatori normanni. Vi era in
quell’atto di donazione una speranza pur remota di recuperare un giorno tale
patrimonio. Il passaggio dal dominio longobardo a quello normanno fu graduale.
Infatti dopo che avevano preso Capua nel 1062, i Normanni stentarono ad imporsi
immediatamente su tutti i distretti del principato e proprio Calvi costituisce
un caso di tale graduale avvicendamento tra longobardi e i nuovi signori
normanni. Nel corso di tale transizione Calvi perderà anche l’importante ruolo
di Contea.
Una forma di compromissione
doveva aver consentito ai longobardi di essere ancora signori di Calvi, dato
che ritroviamo al vertice della contea di Calvi nel 1075 Landonolfo
e successivamente, nell’ultimo quarto del secolo XI Landone
Scannacavallo, ambedue longobardi. A Landone Scannacavallo seguirà
colui che i documenti storici ci indicano con il semplice nome di Landone, a conferma di una possibile confusione nella
genealogia, dovuta, come già accennato, a una omonimia nell’onomastica dei
signori longobardi, che si confermerà anche in questo periodo.
Quest’ultimo Landone sposa
Zoe e ai due figli darà due nomi normanni: Ruggero e Abner.
Siamo nel periodo tra la fine del secolo XI e XII e quindi siamo in pieno
periodo di transizione dalla signoria longobarda e quella normanna, di cui i
nomi costituiscono, come scrive Carcaiso, un dato non
strano, ma “significativo”. La pergamena che la Mazzoleni
riporta alle pagine 6 e 7 del suo studio si mostra molto interessante, in
quanto costituisce una chiara evidenza che, pur essendo i due fratelli Ruggero
e Abner grandi proprietari terrieri, le prerogative
politiche del distretto di Calvi, non più contea, sono passate in altre mani,
quelle degli emergenti normanni.
La pergamena è del 1102 e
tratta, come sovente, di una vendita di terreni in una località non
identificabile: infra fines
Cantie, loco ubi dicitur Glamaczi. Tuttavia essa
si dimostra preziosa proprio per le notizie relative alle prerogative di
carattere politico, di cui i due fratelli sono ormai privi. Infatti nella
pergamena i due fratelli si presentano in tal modo: Nos
Rocerius et Abner qui vocor Rupertus germani filii quondam Landonis qui fuit quondam Landonis
comitis Calvensis qui vocabatur Scannacaballu”. Quindi,
come scrive testualmente Carcaiso, nell’analizzare la
pergamena, “i due fratelli longobardi, piuttosto orgogliosamente, si dicono
nipoti diretti del conte calvese Landone
Scannacavallo, ma evitano accuratamente di accostare
ai loro nomi il titolo comitale”.
D’altronde in questo
periodo è Onfredo, il cavaliere normanno imparentato
con gli Altavilla ad essere il Signore del distretto
di Calvi. Il nome di Unfridus de Calvi, che compare
in diverse pergamene, quale “comes calvensis”, sarà il Signore di Calvi almeno fino al 1126,
anno in cui una pergamena ci attesta già di terreni situati in loco Partignanu e “propre locum qui dicitur Pignari” e confinanti con un altro terreno che si trova “finis
terra ecclesiae Sancti Georgii”.
Con colui che succederà a Onfredo siamo ormai in pieno periodo di Signoria normanna
sul territorio di Calvi che ha avuto la sua gloria quale Contea nel periodo
longobardo, ma che ormai è solo un distretto normanno. Infatti, verso la metà
del XII secolo, Calvi è assegnata “in capite de domino rege”
al conte Riccardo dell’Aquila, nobile normanno, sposato con Matilde e nipote di
Ruggero d’Altavilla, che sarà Signore di Calvi fino
al 1152, anno della sua morte. Come scrive Giuseppe Carcaiso,
se Calvi in questo periodo ha perso il suo status di Contea, è diventata
comunque una unica e vasta Signoria fondiaria, dato che nel Catalogus
Baronum, registro generale di tutti i feudatari del
Regno, Calvi era valutata 20 militi.
Infatti il valore di un
feudo era commisurato alla quantità di cavalieri che il feudatario era tenuto a
preparare per l’esercito del Re, e si consideri che quello di Avellino poteva
vantare 16 militi, meno di Calvi. Alla morte di Riccardo dell’Aquila fu Signore
di Calvi il figlio Ruggero dell’Aquila, che si unì alle rivolte dei baroni che
in quel periodo minacciavano il Regno, in quanto aveva sposato “iniussu curiae” Marotta Sanseverino, sorella di
Guglielmo, uno dei feudatari che faceva parte del gruppo dei baroni rivoltosi. Tuttavia,
alla sua morte nel 1183, non avendo avuto figli maschi, la figlia Perrona, sposando Ruggero di Castelvetere,
poté essere erede della Signoria normanna di Calvi.
Bibliografia:
Erchemperti Historia Langobardorum Beneventanorum, ed.
G. Waitz, in MGH Ss. Rer. Lang. et
Ital., Hannoverae 1978
Pietro Diacono - Registrum di Pietro Diacono - commentario di Mariano dell’Omo – 2000
Jole Mazzoleni
- Le pergamene di Capua – 1960
Giuseppe Carcaiso - Calvi e l’Alta Campania - 1996
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