La Costituzione Italiana
La Costituzione della Repubblica italiana è la legge
fondamentale e fondativa dello Stato italiano. Fu
approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata dal
capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, il 27 dicembre
1947.
Fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n° 298,
edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore
il 1º gennaio 1948.
Origini e nascita
Lo Stato italiano nasce, da un punto di vista istituzionale, con la legge del
17 marzo
1861
che attribuisce a Vittorio Emanuele II, “re di Sardegna”, e ai
suoi successori, il titolo di “re d'Italia”. È la nascita giuridica di uno
Stato italiano (anche se altri stati avevano già portato tale nome nel
passato, dal regno longobardo per finire al regno napoleonico). La continuità
tra il Regno di Sardegna e quello d'Italia è
normalmente sostenuta in base all'estensione dell'applicazione della sua
legge fondamentale, lo Statuto albertino concesso da Carlo Alberto di Savoia
nel 1848, a tutti i territori del regno d'Italia progressivamente annessi al
regno sabaudo nel corso delle guerre d'indipendenza. La conservazione
dell'ordinale dinastico da parte di Vittorio Emanuele, e l'estensione dello
Statuto albertino ai territori annessi hanno portato gli storici a parlare di
“piemontesizzazione” dello stato italiano ad opera
dei Savoia. Lo statuto albertino rimase in vigore, quindi, quasi 100 anni,
dal 4 marzo 1848 al 1 gennaio 1948, quando entrò in vigore la costituzione
repubblicana.
Lo Statuto albertino fu simile alle altre costituzioni rivoluzionarie vigenti
nel 1848 e rese l'Italia una monarchia costituzionale, con concessioni di
poteri al popolo su base rappresentativa. Era una tipica costituzione
“ottriata”, ossia concessa dal sovrano e da un punto di vista giuridico, si
caratterizzava per la sua natura “flessibile”, ossia derogabile ed
integrabile in forza di atto legislativo ordinario. Poco tempo dopo la sua
entrata in vigore, proprio a causa della sua flessibilità, fu possibile
portare l'Italia da una forma di monarchia costituzionale pura a quella di monarchia parlamentare, sul modo di
operare tradizionale delle istituzioni inglesi (benché il potere esecutivo
fosse detenuto completamente dal re, sempre più spesso il Consiglio dei
ministri rifiutò di restare in carica quando non gradito alla camera
elettiva). Il primo Parlamento dello Stato unitario, in principio del 1861,
si compose con un suffragio elettorale ristretto al 3% della popolazione; nel
1882 il diritto di voto fu portato al 7% della popolazione, con riforme nel 1912 e 1918 il diritto fu
esteso fino a una forma di suffragio universale maschile. Benché l'articolo 1
proclamasse il cattolicesimo religione di stato, le relazioni fra la Santa
Sede e lo Stato furono praticamente interrotte tra il 1870 il 1929, per via
della Questione romana. Anche a causa della mancanza di rigidità dello
Statuto, col giungere del fascismo lo Stato fu deviato verso un regime autoritario
dove le forme di libertà pubblica fin qui garantite vennero stravolte: le
opposizioni vennero bloccate o eliminate, la Camera dei deputati fu abolita e
sostituita dalla “Camera dei fasci e delle corporazioni”, il diritto di voto
fu cancellato; diritti, come quello di riunione e di libertà di stampa,
furono piegati in garanzia dello Stato fascista, mentre il partito unico
fascista non funzionò come strumento di partecipazione, ma come strumento di
intruppamento della società civile e di mobilitazione politica pilotata
dall'alto. Tuttavia lo Statuto albertino, nonostante le modifiche, non fu
formalmente abolito.
I rapporti con la Chiesa cattolica vennero invece sanati e rinsaldati tramite
i Patti Lateranensi del 1929, che ristabilirono ampie relazioni
politico-diplomatiche tra la Santa Sede e lo Stato italiano. Il 25 luglio 1943, verso la fine
della seconda guerra mondiale, Benito Mussolini perse il potere, il re
Vittorio Emanuele III nominò il maresciallo Pietro Badoglio per presiedere un
governo che ripristinò in parte le libertà dello statuto; iniziò così il
cosiddetto “regime transitorio”, di cinque anni, che terminò con l'entrata in
vigore della nuova Costituzione e le successive elezioni politiche dell'aprile
1948, le prime della storia repubblicana. Ricomparvero quindi i partiti
antifascisti costretti alla clandestinità, riuniti nel Comitato di
liberazione nazionale, decisi a modificare radicalmente le istituzioni per
fondare uno Stato democratico. Con il progredire e il delinearsi della
situazione, con i partiti antifascisti che iniziavano ad entrare nel governo,
non fu possibile al re di riproporre uno Statuto albertino eventualmente
modificato e la stessa monarchia, giudicata compromessa con il precedente
regime, era messa in discussione. La divergenza, in clima ancora bellico,
trovò una soluzione temporanea, una “tregua istituzionale”, in cui si
stabiliva: la necessità di trasferire i poteri del re al figlio (ci fu un
proclama del re il 12 aprile 1944), il quale doveva assumere la carica
provvisoria di luogotenente del regno, mettendo da parte
temporaneamente la questione istituzionale; quindi la convocazione di
un'Assemblea Costituente incaricata di scrivere una nuova carta
costituzionale, eletta a suffragio universale (giugno 1944). Fu poi esteso il
diritto di voto alle donne (febbraio 1945) e, ormai raggiunto il silenzio
delle armi, fu indetto il referendum per la scelta fra repubblica e monarchia
(marzo 1946).
Formazione dell'Assemblea Costituente
Dopo i sei anni della seconda guerra mondiale e i venti anni
della dittatura, il 2 giugno 1946 si svolsero contemporaneamente il referendum
istituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente, con la partecipazione
dell'89% degli aventi diritto. Il 54% dei voti (più di 12 milioni) fu per lo
stato repubblicano, superando di 2 milioni i voti a favore dei monarchici
(che contestarono l'esito).
L'Assemblea fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556
seggi, distribuiti in 31 collegi elettorali.
Ora i partiti del Comitato di liberazione nazionale cessarono di considerarsi
uguali, si poté constatare il loro grado d'influenza. Dominarono le elezioni
tre grandi formazioni: la Democrazia Cristiana, che ottenne il 35,2% dei voti
e 207 seggi; il Partito socialista, 20,7% dei voti e 115 seggi; il Partito
comunista, 18,9% e 104 seggi. La tradizione liberale (riunita nella
coalizione Unione Democratica Nazionale), protagonista della politica
italiana nel periodo precedente la dittatura fascista, ottenne 41 deputati,
con quindi il 6,8% dei consensi; il Partito repubblicano, anch'esso d'ispirazione
liberale ma con un approccio differente nei temi sociali, 23 seggi, pari al
4,4%. Mentre il Partito d'Azione, nonostante un ruolo di primo piano nella Resistenza, ebbe solo l'1,5% corrispondente a
7 seggi. Fuori dal coro, in opposizione alla politica del CLN, raccogliente
voti dei fautori rimasti del precedente regime, c'è la formazione dell'Uomo
qualunque, che prese il 5,3%, con 30 seggi assegnati.
Giorgio La Pira sintetizzò le due concezioni costituzionali e politiche
alternative dalle quali si intendeva differenziare la nascente Carta,
distinguendone una “atomista, individualista, di tipo occidentale,
rousseauiana” ed una “statalista, di tipo hegeliano”. Secondo i
costituenti, riferì La Pira, si pensò di differenziarla nel principio che per
il pieno sviluppo della persona umana, a cui la nostra costituzione doveva
tendere, era necessario non soltanto affermare i diritti individuali, non
soltanto affermare i diritti sociali, ma affermare anche l'esistenza dei
diritti delle comunità intermedie che vanno dalla famiglia sino alla comunità
internazionale.
Il Capo dello Stato, Enrico De Nicola, firma la Costituzione italiana il 22
dicembre 1947
I lavori dovevano terminare il 25 febbraio 1947 ma la Costituente non verrà
sciolta che il 31 dicembre 1947, dopo aver adottato la Costituzione il 22
dicembre con 458 voti contro 62. La Costituzione entra in vigore il 1°
gennaio 1948.
Composizione e struttura
La costituzione è composta da 139 articoli (ma 5 articoli sono stati
abrogati: 115;124;128;129;130), divisi in quattro sezioni:
- principi fondamentali (artt. 1-12);
- parte prima, diritti e doveri dei cittadini (artt. 13-54);
- parte seconda, contenente l'ordinamento della Repubblica (artt.
55-139);
- 18 disposizioni transitorie e finali, riguardanti situazioni
relative al trapasso dal vecchio al nuovo regime e destinate a non
ripresentarsi.
Caratteristiche tecniche
La Costituzione italiana è una costituzione scritta, rigida, lunga, votata, compromissoria,
democratica e programmatica.
- Innanzitutto, la normazione è contenuta in un testo legislativo
scritto. La scelta è comune all'esperienza di civil law ed a quella di common law,
con la grande eccezione della Gran Bretagna, paese nel quale la
Costituzione è in forma orale (tranne alcuni documenti come la Magna Charta).
- Inoltre, si dice che la Costituzione italiana è rigida. Con ciò si
indica che da un lato è necessario un procedimento parlamentare
aggravato per la riforma dei suoi contenuti (non bastando la normale
maggioranza ma la maggioranza qualificata dei componenti di ciascuna
camera, e prevedendo per la revisione due successive deliberazioni a
intervallo non minore di tre mesi l'una dall'altra), e dall'altro che le
disposizioni aventi forza di legge in contrasto con la Costituzione
vengono rimosse con un procedimento innanzi alla Corte costituzionale.
- La Costituzione è lunga, ossia contiene disposizioni in molti
settori del vivere civile, non limitandosi a indicare le norme sulle fonti del diritto. In ogni caso, da
questo punto di vista, è da dire che il disposto costituzionale presenta
per larga parte carattere programmatico, venendo così in rilevanza solo
in sede di indirizzo per il legislatore o in sede di giudizio di
legittimità degli atti aventi forza di legge. Il processo di
consolidamento dei principi indicati dalla Costituzione, attraverso la
loro concretizzazione nella legge ordinaria (o, talvolta,
nell'orientamento giurisprudenziale come è avvenuto per l'attuazione
dell'art. 36 relativamente al principio del trattamento economico minimo
previsto per i lavoratori dipendenti), è detto attuazione della
Costituzione. Tale processo non è da considerarsi ancora concluso.
Il legislatore costituzionale, inoltre, ha ritenuto di ritornare nella
Costituzione repubblicana su alcune materie, per integrarle e ampliarle,
adottando provvedimenti di legge costituzionale, tipici di tutte le
costituzioni lunghe. Tali emendamenti sono integrazioni alla
costituzione, approvate con lo stesso procedimento della revisione
costituzionale, e costituiscono modificazioni più o meno profonde. Per
quanto concerne l'attuazione e l'integrazione delle norme
costituzionali, si ricorda ad esempio che la Corte costituzionale non
venne attivata che nel 1955 (le elezioni dei giudici tramite una legge
non avvenne che nel 1953), che il Consiglio superiore della magistratura
venne attivato nel 1958 e che le Regioni ordinarie vennero istituite nel
1970 (sebbene quattro regioni speciali vennero istituite nel 1948 e il
Friuli Venezia Giulia nel 1963); il referendum abrogativo, infine, venne
istituito con la legge 352 del 15 maggio 1970.
- Votata perché rappresenta un patto tra i componenti del popolo
italiano.
- Compromissoria perché frutto di una particolare collaborazione tra
tutte le forze politiche uscenti dal secondo conflitto mondiale.
- Democratica perché è dato particolare rilievo a sindacati e partiti
politici e c'è la partecipazione del popolo.
- Infine, è programmatica perché rappresenta un programma (attribuisce
alle forze politiche il compito di rendere effettivi gli obiettivi
fissati dai costituenti, e ciò attraverso provvedimenti legislativi non
contrastanti con le disposizioni costituzionali).
Direttrici fondamentali
Nelle linee guida della Carta è ben visibile la tendenza all'intesa e al
compromesso dialettico tra gli autori. La Costituzione mette l'accento sui
diritti economici e sociali e sulla loro garanzia effettiva. Si ispira anche
ad una concezione antiautoritaria dello Stato con una chiara diffidenza verso
un potere esecutivo forte e una fiducia nel funzionamento del sistema
parlamentare, sebbene già nell'Ordine del giorno Perassi
(con cui appunto si optò per una forma di governo parlamentare) venne
prevista la necessità di inserire meccanismi idonei a tutelare le esigenze di
stabilità governativa evitando ogni degenerazione del parlamentarismo. Non
mancano importanti riconoscimenti alle libertà individuali e sociali,
rafforzate da una tendenza solidaristica di base. Fu possibile, anche, grazie
alla moderazione dei marxisti, ratificare gli accordi Lateranensi e
permettere di accordare una autonomia regionale tanto più marcata nelle isole
e nelle regioni con forti minoranze linguistiche (aree in cui la sovranità
italiana era stata messa in forte discussione durante l'ultima parte della
guerra, e in parte lo era ancora durante i lavori costituenti).
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